Echi dagli anni settanta: Matra MS670C 1000km Spa 1974

Negli anni settanta, l’attività di elaborazione su basi diecast era forse al suo massimo. Ai collezionisti, stanchi della scarsità di modelli freschi proposti dai grandi fabbricanti, e non ancora soddisfatti dagli artigiani che iniziavano peraltro a darsi da fare seriamente, non restava altro che metter mano ai diecast per ottenere soggetti e versioni che magari nessun marchio avrebbe degnato di attenzione. La vivacità dell’epoca la vedi ancora da tanti indizi: le foto delle trasformazioni pubblicate su Autosprint o le foto delle mostre che si tenevano sempre più numerose, soprattutto da Roma in su. Del resto, l’assenza di tante vetture era stata la premessa sulla quale uno come Raymond Daffaure aveva costruito la propria produzione, andata avanti svariati lustri con centinaia e centinaia di pezzi fabbricati interamente a mano.

Di tanto in tanto, nei naufragi di qualche grande raccolta che viene smantellata e che molto spesso finisce in mano a speculatori e poi anche a collezionisti poco attenti all’aspetto storico, emergono, rari nantes in gurgite vasto, dei pezzi davvero singolari che raccontano di periodi, di vite, di vicende di bravi modellisti, quasi sempre ormai senza nome. Ci è capitata di recente sotto mano una Matra 670C in versione 1000km di Spa, la vincente con Ickx e Jarier, elaborazione su base Solido. Tutti saprete che Solido, con il numero di catalogo 13 e 14, aveva realizzato nel marzo del 1973 due Matra di Le Mans 1972: la corta di Pescarolo/Hill e la lunga di Cévert/Ganley. Le decals complete di queste due vetture confluirono anche nel “Carnet violet” numero 113, commercializzato dal giugno 1973, che era l’unico a contenere ben quattro foglietti di decals: oltre quelle delle due Matra, vi si trovavano le decorazioni per la Porsche 917K Martini Le Mans 1971 #22, la Ferrari 512M Sunoco, la Ford Capri di Spa, la Ferrari 312PB Brands Hatch 1971, la Ford MkIV #1 di Le Mans ’67, la Porsche 917K Martini Buenos Aires 1971 #38, la March 707 Can-Am, la Ligier JS2, la Porsche 917K Gulf Daytona e la Opel 1900GT Greder. Nel gennaio del 1974, Solido tornò sul tema Matra con la “Guide” numero 2, che conteneva istruzioni e decals per trasformare il modello di serie nella vettura che nel frattempo aveva vinto la 24 Ore di Le Mans 1973 con Pescarolo e Larrousse.

Poi il nulla. La Matra continuò a sviluppare le proprie vetture per l’ultima stagione, quella del 1974, in cui, sparita la concorrenza della Ferrari, peraltro abbastanza nettamente battuta l’anno precedente, la squadra francese si trovò di fronte una prateria vincendo per la terza volta consecutiva a Le Mans e, alla fine della stagione, aggiudicandosi i vari trofei costruttori e piloti in palio.

La 1000km di Spa si disputò agli inizi di maggio del 1974. La 670C (telaio 04, secondo le ricerche di Janos Wimpffen che prendiamo per buone), vinse la corsa battendo la Gulf-Ford Cosworth di Bell/Haywood e la Porsche 911 Carrera RSR Turbo di Mueller/Van Lennep. Fu così che il nostro modellista decise di farsi un modello in casa di quella che già si annunciava come la vettura dominante del Mondiale ’74 (la presenza dell’Alfa Romeo, vincitrice a Monza alla fine di aprile, si sarebbe fatta estremamente sporadica a causa di scioperi e problemi politici vari). Ciò che farebbe datare l’esecuzione della trasformazione in un’epoca piuttosto vicina allo svolgersi dei fatti reali, potrebbe essere l’uscita successiva di modelli che si sarebbero probabilmente meglio prestati ad una simile elaborazione, come il Norev oppure il kit Manou. Ma non abbiamo alcuna certezza.

Ciò che è certo, è che questa trasformazione è da datare negli anni settanta, per lo “stile” e diversi elementi diremmo tipici dell’epoca: l’utilizzazione di certe decals, l’assenza di cinture di sicurezza e l’uso sistematico della tecnica a pennello. Il Nostro non si fece mancare nulla: le ruote posteriori le mutuò dalla Ferrari 312PB Solido, tanto per fare un esempio. E si arrangiò anche per tutto il resto, tagliando, segando e limando, per poi ricostruire con stucco Sintofer e materiale vario. In Sintofer è ad esempio l’airscoop (*), mentre la decorazione è ricavata in parte da decals, in parte realizzata in verniciatura a pennello. Anche i fari anteriori sono stati riprodotti, con una precisione straordinaria, verniciandoli.

Si notano particolari di grande finezza, come lo specchietto retrovisore e tutte le varie filettature bianche (giustamente il nostro modellista scelse la vettura vincente, mentre l’altra Matra schierata a Spa aveva le decorazioni verdi).

Per la vendita recente, il modello era stato brutalmente forato nel fondino e montato su un’anacronistica basetta in plastica (attaccarlo col biadesivo no, eh?). Abbiamo quindi ristuccato il foro e dato un punto di nero opaco Tamiya, giusto per ripristinare una certa coerenza.

Il risultato di questa straordinaria elaborazione potete ammirarlo in queste foto. Certo, è un modello che ha solo un valore storico. Pochi, pochissimi collezionisti lo vorrebbero e probabilmente molti di loro si limiterebbero a pensare che tanto fra un po’ lo farà Spark. Ma in questo caso, a ragionare così, si è fuori strada. Modelli di questo tipo vanno lasciati parlare, vanno considerate testimonianze di un periodo in cui le collezioni erano molto più eterogenee e la maggior parte dei collezionisti erano – per forza di cose – anche modellisti. Dare un nome a questo modellista è impossibile: la sua fattura ricorda certe cose che facevano all’epoca Ugo Fadini, Umberto Codolo o Fabrizio Pitondo, ma loro normalmente firmavano sul fondino. Chissà che un giorno non se ne possa sapere qualcosa in più.

(*) aggiornamento del 14 luglio 2022: Umberto Cattani mi scrive stamani che “tramite la BAM Ruf commercializzò l’airscoop della 670C, stampato in metallo bianco. In quegli anni, mi pare fossimo nel 1978, presso il negozio parigino si trovavano spesso particolari che Ruf faceva quasi per un piacere personale, li aggiungeva nello stampo di un suo kit, poi li vendeva in veste del tutto confidenziale”. Annotazione molto interessante. Ho però ricontrollato la Matra, e l’airscoop mi pare in questo caso non in metallo bianco, ma in una materia molto simile, appunto, allo stucco. Spero comunque che un giorno o l’altro Umberto ci mostri la sua Matra vincitrice di Le Mans 1974, elaborata anch’essa su base Solido.

16 pensieri riguardo “Echi dagli anni settanta: Matra MS670C 1000km Spa 1974

  1. Ora, non perché l’ho adocchiata io (che ho il pallino di queste elaborazioni casalinghe anni ’70 da sempre) ma questa Matra è veramente qualcosa di eccezionale.
    Chiunque l’abbia fatta, e probabilmente non sarebbe nemmeno troppo ostico capire chi sia con un paio di ricerche incrociate sulle tue vendite passate, ha fatto un lavoro bestiale: ha rimodellato completamente sia il muso che il posteriore, che nel ’73-’74 cambiavano completamente rispetto al ’72, riprodotto dal Solido di partenza.
    Io sono uno dei pochissimi che ha la 670 B di LM ’73 ricavata con la Guide Solido, ma pur essendo un bel modello è assai più “di bocca buona” di questa, che per i tempi doveva essere davvero qualcosa di eccezionale.
    Bellissima, sono contento che sia finita in mano ad un Vero appassionato.

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  2. Anche io ho vissuto intensamente quel periodo, ma non ricordo questo modello. E’ vero, all’epoca, se si volevano certi modelli, la strada era quella delle elaborazioni. Feci sia la Matra LM 1973, ricavata dalla LM 1972, che la Mirage Gr7 1975 (quella rossa e gialla, che non sarà mai sostituita nella mia collezione dallo Spark) ricavata dalla Gr5 e in entrambi i casi seguii scrupolosamente le citate guide Solido.
    Quattoruotine da sempre affiancava al collezionismo il modellismo, rappresentato negli anni ’60 da rubriche su come costruire automodelli (in genere dei primi anni del secolo) in scala grande, per chi voleva seguire le orme di Michele Conti o Carlo Brianza e da rubriche su come montare gli allora numerosi kits in plastica, generalmente in scala 1/25.
    A cavallo tra gli anni ’60 e i ’70 apparvero i primi servizi sugli elaboratori, quasi sempre di modelli 1/43. Le vetture da competizione erano in maggioranza, ricordo che c’erano due “filosofie” per me contrapposte, quella di chi elaborava modelli in versioni di fantasia e quella di chi invece cercava di attenersi il più scrupolosamente possibile alla realtà, compatibilmente con la difficoltà di accedere ad una documentazione adeguata, e ovviamente era quest’ultima a godere dei miei favori.
    Ricordo una Ferrari 312P spider 1969 ricavata da una Panther della Mercury, o una Porsche 917 Daytona venir fuori da una 908 lunga di Solido oppure le barchette Fulvia F&M dalla coupé Mercury.. Per rimanere in casa Matra qualcuno elaborò la 650 Buenos Aires 1970 nella versione che vinse il Tour de France mi pare sempre nel 1970.
    Qualche nome a caso, Angelo Cavalli, fratelli Roberti, Renato Scotti di Uccio, Gherardo Infunti, tutti giovani o giovanissimi ma ce n’erano molti altri. Ma riuscite a immaginare un sedicenne di oggi alle prese con stucco e zamak?
    Scusate il pistolotto, ma quando ho la possibilità di tornare anche solo per cinque minuti a quegli anni cerco di non farmela scappare.

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  3. Eh, ai miei tempi! Frase tipica dei vecchi che non sanno riconoscere quello che c’è di buono in “questi” tempi perché il metro di paragone è sempre quello dei “loro”.
    Certo, alle medie, negli anni dal 1966 al 1969, eravamo quasi tutti collezionisti e appassionati di macchinine. Si portavano a scuola gli ultimi cataloghi e ci si segnalava l’un l’altro le novità. Ci si scambiavano macchinine e si tentava qualche confronto critico tra modellini (meglio la Panther Mercury, è tutta apribile! Ma va!, la Politoys è molto più fedele!). Non c’è più niente del genere, ma fa piacere avere di tanto in tanto la conferma che c’è ancora qualcuno che raccoglie il testimone della nostra passione! Ci dà la sensazione che non tutto finirà con noi.

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  4. Ma vedete, signori, i giovani interessati al motorismo e, più o meno collateralmente, al modellismo, ci sarebbero anche, e non sarebbero neanche così pochi come la vulgata popolare ama raccontare.
    Certo, non è che tutti siano li a collezionare modellini come negli anni ’70-’80, come è anche vero che non tutti siano li col KTM 125 a 16 anni come negli anni ’70, ma ancora abbastanza ce ne sono, io stesso (trent’anni appena compiuti) ho molti amici coi miei stessi interessi, non faccio una vita così solitaria nonostante sembri uno “scappato dal 1975” (una volta me l’hanno detto davvero, n.d.r.).
    Altrettanto certo è che, nota polemica ma m’importa il giusto, se un “giovane” s’affaccia ad un forum e viene trattato in un certo modo, com’è (triste) consuetudine fare in certi posti, dove si dispensano sufficienza, superiorità e quel certo senso di “io c’ero e so’ io, tu non c’eri e non sei un…”, che sembra quasi che tu dia in qualche modo fastidio, il giovane o è veramente un mostro di passione e attaccamento all’hobby (tipo me, che abuso dei tasti “abbandona” e “blocca” come se fossi un drogato ma di abbandonare i miei modelli e i miei mezzi veri non ci penso neanche), o come riflesso condizionato manderà il vecchio classista suo interlocutore a rotolarsi nella sugna insabbiata coi suoi “stupidi modellini”.
    Perché che si sappia, questo è il vero problema: in tantissimi si lamentano che “i giovani non sono interessati, i giovani non sono interessati”, poi quando arriva un “giovane interessato” lo massacrano fino a fargli perdere interesse, quasi che il club debba restare chiuso e settario, che diano fastidio i nuovi arrivati.
    Ogni riferimento a fatti e persone realmente esistenti è puramente casuale, che non si crei un caso, è solo una riflessione di “uno dall’altra parte”, e come tale va presa.
    Una buona serata a tutti

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  5. Spero davvero di non essere, o anche solo di non aver mai dato l’impressione di essere così. Nel caso mi scuso, non è davvero il modo con cui voglio rapportarmi con gli altri, giovani o meno.

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  6. No Marco, confermo et sottoscrivo in carta intestata che non mi riferivo assolutamente a te, con cui peraltro non ho, fin qui, mai avuto modo di interfacciarmi.
    Purtroppo aggiungerei, perché sembri una bravissima persona.
    Epico fu un episodio cui assistetti su Modellismo.net, in cui arrivò, ormai più di dieci anni fa, un ragazzo di 16 anni che, tutto contento, mostrò al club degli squali una bellissima Delta S4 ricavata da un “povero” Burago quasi a mo’ di Cavicchi.
    Il modello era qualcosa di ufologico, veramente a (quasi) livello di quello sopra, era forse un filino tozzo sul muso nella parte inferiore, ma perbacco, parlavamo di un sedicenne che ha trasformato BENISSIMO un giocattolone che era già brutto quando è uscito vent’anni prima.
    Pensate che questo ragazzo sia stato apprezzato o in qualche modo incoraggiato? Assolutamente no, ucciso da critiche feroci, con toni terrificanti (“guarda il davanti, hai fatto un’altra macchina e hai l’ardire di definirla “creazione”? Un po’ di umiltà non guasterebbe”, e altri pure più stronzi, se possibile).
    Il cannoneggiamento è continuato per qualche giorno, finché questo non ha detto “ok, evidentemente ho sbagliato hobby, mi scuso con tutti e me ne vado”, e se n’è andato.
    Io li avrei presi a calci nel culo uno alla volta alla prima occasione utile, ma è mera questione di carattere, anche se ho la presunzione di dire che sarebbe la giusta via per il paradiso in casi simili, ma tanti non sono così risoluti, e si finisce a perdere anche le poche nuove leve che vogliono arrivare.
    C’è troppa gente che è convinta di avere crediti speciali col prossimo solo perché “c’era” (magari a fare nulla di intelligente, ma “c’era”),
    Io ho avuto le mie… “Divergenze di sensi” con qualcuno, di cui per dirla con Paul McCartney al ritiro della scomunica papale ai Beatles “I couldn’t care less”, ma vado perfettamente avanti a fare il mio.
    Noi… (Noi… Mi ci metto anch’io perché son relativamente giovincello anch’io, ma c’entro poco) siamo l’unica speranza che resta a questo mondo di evitare di finire accompagnato in discarico o, se va bene, da qualche speculatore da un tot al quintale da vedove e figli scemi, quindi un minimo di sano rispetto sarebbe dovuto.
    Magari sbaglierò, ma tant’è.

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  7. Ne avrei di episodi da raccontare, anche legati non solo all’hobby del collezionismo, ma anche della professione giornalistica. Ormai mi reputo vecchio e me ne rendo conto ogni giorno di più. Mi sono riproposto di non fare con i giovani quello che i vecchi hanno fatto con me e con i miei coetanei a suo tempo, alcuni magari per semplice distrazione, altri per invidia, altri per semplice stupidità. E’ bene che i giovani abbiano accesso alle fonti, che si informino e che si facciano la loro idea. Spesso le loro idee sul passato che noi abbiamo vissuto e che loro hanno semplicemente ricostruito sono illuminanti. Ci si appropria a volte di cose che non ci appartengono del tutto. O meglio, che non appartengono solo a noi.

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  8. Sono contento di non aver peccato di saccenza e superiorità Non sarebbe comunque stato nelle mie intenzioni, ma relazionarsi con il prossimo nei vari social non è come farlo faccia a faccia. Il rischio di fare qualche passo falso e urtare la sensibilità altrui è sempre dietro l’angolo.

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  9. Leggo ora… quasi per caso. Incredibile la fratellanza emotiva spontanea nel leggere comuni esordi nell’approccio all’elaborazione modellini 1/43 di serie… Sono del ’61 per cui anche per me Solido ha significato “prima azienda di serie con un approccio realistico ai modelli” altrimenti (eccetto la Ferrari 312P Dinky France) raramente progettati in tal senso. Per questo per me le Porsche 911 Mebetoys (che poi erano delle 912) furono le prime ad essere trasformate nelle varie Kremer, Loos e Bouchet nella mia ansia di avere uno schieramento degno di una 1000km del 1973. Seguirono le Stratos, della Norev etc Tutt’oggi ritengo la 312PB 1972 della Norev una delle più fedeli riproduzioni delle linee (a patto di sostituire pneumatici e tutto il resto). Ed essendo tuttora gran fan di Ickx (di cui posseggo una collezione 1/43 degna di Julien Garnier) mi sono sempre chiesto perchè della 670c corta (non di le Mans), se si escludono il kit MRE (introvabile) e i Provence Moulage altrettanto desaparecidi, non esiste di serie una riproduzione “di serie” della campionessa mondiale del ’74 . Io – appena avrò un po’ di tempo – elaborerò una coda lunga di Ixo (tentativo – mezzo riuscito – anche di Garnier &C.). Segare millimetricamente il metallo IXO non è roba per tutti, specie se si vuole preservare la vernice. Ma dopo aver visto la tenerezza infinita del modello di questa pagina, ci si proverà.

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