Non è proprio di strada, ma tornando a Le Mans in tempo per il Big Car Show organizzato da Solido, una puntata a Bussac-sur-Charente a trovare Bruno Allinand l’ho fatta. Primo perché passare da lì significa disintossicarsi dai vari Facebook, Instagram e compagnia varia. Laggiù sembra di vivere negli anni sessanta, e non è che il villaggio sia popolato da gente fuori dal mondo. E’ semplicemente popolato da gente con ancora un po’ di cervello. Su Allinand qualcuno di voi avrà anche letto un recente articolo scritto per l’ultimo numero di Modelli Auto. Un paio d’ore di sana chiacchierata nella campagna. Il silenzio riconcilia col ragionamento. Bruno è un cultore della carta. Compra tutto: libri, riviste, è aggiornatissimo. Non ha internet e quindi la sua cultura nell’ambito automobilistico, anche contemporaneo, attinge solo e soltanto ai media tradizionali. Malgrado questo (o forse proprio per questo) si è fatto delle idee proprie, spesso interessanti e originali, confrontando e meditando. Mentre arrivo è intento nella lettura dell’ultimo numero di Spirit of Le Mans. Alla 24 Ore del 2022 ha assistito come spettatore dopo due anni di pausa. “Ma non riesco a capirci nulla”, mi dice. “Perché i resoconti sono pessimi. E poi guarda le foto: non ce n’è una che abbia colori realistici”. Non me n’ero mai accorto. In effetti devo dargli ragione. Probabilmente perché oggi si fa tutto al computer e magari si esagera pure con la post-produzione. Tira fuori da un’anta del salone quadernetti ad anelli che aveva completato egli stesso a fine anni sessanta: ritagliando foto, classifiche e cronache di gara da varie fonti, si era fatto per conto proprio una specie di collana di annuari dell’endurance: Daytona, Sebring, Brands Hatch, la Targa Florio… Divertimento che diventava quasi inconsapevolmente preparazione di base per il futuro, com’è accaduto a tanti. Tra l’altro, a differenza di certi modellisti che le macchine le hanno viste solo in cartolina e che non hanno idea di come funzioni un tergicristallo a pantografo o su come si chiuda una cintura di sicurezza (per quello compiono errori grossolani anche su modelli da mille euro), Allinand ha viaggiato, e anche parecchio. Ha visto auto, piloti, circuiti, in Europa e fuori.

Oggi ha una cerchia di clienti un po’ underground, che gli telefonano alle ore in cui gli aggrada rispondere, che si consultano con lui e che lo incontrano di tanto in tanto. Delle varie Daytona, Porsche 911 e compagnia bella di Le Mans ormai sapete tutto o quasi. Ma la storia non finisce qui. Prossimi progetti: una serie di Lola T280 su base Solido (che non aveva mai abbordato in precedenza), di Lola T294 su base Norev e di Lola T70, ancora su base Solido. Allinand continua poi a montare kit per i suoi amici. In questo caso passano dal suo banco i marchi più eterogenei: DAM-Team T, JPS, Starter e Provence Moulage ma anche Re-Start, Automany, Graphyland, MRE e così via. Qualche volta escono serie limitatissime con decals commissionate ad hoc, come nel caso della IBEC-Hesketh Gr.6 delle prove di Le Mans 1980 (su base JPS, che aveva fatto la versione del 1981), nella foto di apertura. Il tutto con la solita discrezione e la curiosità permanente di imparare cose nuove. Ah, forse la IBEC meriterebbe un episodio di Storie di modelli. Ci penserò.
Che dire… Niente, se non bello, ma bello bello
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