Modelli Auto, un capitolo chiuso

In questi giorni ho riflettuto in modo onesto e approfondito sulla mia collaborazione a Modelli Auto. Sono entrato alla fine del 2013 e da allora sono passati quasi dieci anni. Con Gianfranco Berto si era instaurato un rapporto di grande stima e di fiducia reciproca. Quest’ultimo anno è stato abbastanza deludente, non per mancanza di stimoli ma per tutta una serie di ragioni che in questo momento mi pesano non poco: scarsa comunicazione, scarsa visibilità, tanti fraintendimenti, in una parola la sensazione di girare a vuoto. Mi sono reso conto di non condividere più il modo di lavorare della nuova gestione di non credere al futuro della rivista così come essa è venuta fuori da un anno e mezzo di acque agitate. Non escludo che le acque possano calmarsi un giorno e che la pubblicazione possa riprendere la sua navigazione in modo più sereno, ma essa lo farà senza di me. Al di là degli inaccettabili scaricabarile sui ritardi e da qualche “incidente” economico, sono rimasto parecchio scottato dalla totale assenza di controllo qualità, che squalifica in modo considerevole il lavoro dei collaboratori, ma questo è solo uno degli elementi che hanno portato alla mia decisione. Non intendo proseguire perché non ci sono certezze, nessun programma promozionale. Ogni numero che esce è una lotteria, nessuno è sicuro se si continuerà o meno. Preferisco dedicarmi ad altri progetti piuttosto che continuare a lavorare per una testata che dà l’idea di dover chiudere da un momento all’altro. So che questo è tutto ciò che ci viene offerto e quindi siamo nel classico caso del prendere o lasciare. Ora è arrivato il momento di chiamarmi fuori. Sono sicuro che si troveranno altri collaboratori e altri spunti, io non mi sento più partecipe del progetto di Modelli Auto, che è una rivista che non mi appartiene più, non perché qualcuno mi abbia fatto sentire fuori luogo, ma per una sensazione personale che comunque non mente. Lascio quindi ogni collaborazione a questa testata, ringraziando tutti coloro che in questi anni mi sono stati vicini, permettendomi di portare a termine numeri secondo me molto validi dal punto di vista dei contenuti. Sono rimasto a Modelli Auto per quasi un decennio, facendo – spero – un buon lavoro e sbugiardando qualche buontempone che a suo tempo pronosticò una breve vita della mia collaborazione. Quello che dovevo dimostrare l’ho dimostrato. Ora è tempo di andare oltre.

David Tarallo

7 pensieri riguardo “Modelli Auto, un capitolo chiuso

  1. Quando le situazioni non vanno, per molti motivi, chiuderle è la scelta più logica.
    E poi, c’è veramente una steppa davanti di cose da fare, una più gustosa ed interessante dell’altra.

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  2. Ero convinto di aver postato un intervento, ma non lo trovo più.
    Comunque provo a sintetizzare.
    Con il passaggio al nuovo editore immaginavo, ipotizzavo, che ci sarebbero stati problemi di “rodaggio”: qualche piccola incomprensione, qualche refuso.
    È normale, occorre trovare l’affiatamento.
    Con il progredire dei numeri, purtroppo, non noto progressi, né a livello grafico, né a livello d’impaginazione (per quanto concerne la struttura della rivista) e neanche a livello di comunicazione e distribuzione (per quanto riguarda la parte commerciale).
    Se il tuo addio comporterà anche uno scadimento dei contenuti, vorrà dire che non acquisterò più la rivista.

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  3. Che dire? Tutto vero. La sensazione era che la dirigenza non avrebbe migliorato e che avremmo continuato a vivacchiare barcamenandoci alla bell’e meglio, proprio dal punto di vista gestionale e grafico. Guarda ad esempio il mio articolo sulla Arrows di Alberto Gianfrancesco: una foto buttata dentro a casaccio ha fatto saltare mezza colonna di testo, e dire che glielo avevamo opportunamente segnalato. E non è il solo strafalcione in un numero fatto come sempre con amore e con grande passione. Questo si chiama spreco di risorse.

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  4. Ribadisco, i contenuti non sono mai venuti a mancare, poi possono, o meno, coincidere con i gusti personali, ma questo è un altro discorso.
    Quello che mi dà fastidio è, ad esempio, dover cercare il testo nella pagina, o non trovare pezzi del testo, o leggere note interne…tutte cose che denotano scarsa attenzione.
    Altro aspetto… non si sa mai quando sarà disponibile, non si è ancora trovata una regolarità, io lo acquisto solo perché sono un assiduo frequentatore di un’edicola particolarmente fornita, ma ai negozianti della mia città arriva a…ricordo.
    Niente di traumatico, ci può stare un minimo di rodaggio, ma un minimo…

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  5. L’editoria cartacea purtroppo è un una crisi epocale, vera in parte, e “tirata per i capelli” da chi tiene i cordoni della borsa in altra parte.
    Parti piccole o grandi? Non lo so, varia da caso a caso, quel che è certo è che io stesso, per fior di articoli (molti su commissione, con trasferta, e non dietro casa) fatti dal 2014 al 2018 per una nota casa editrice italiana (ho anche intervistato un Cyril Neveu qualunque, tanto per non autoincensarmi, ma ogni tanto posso farlo anch’io, anche perché è stato uno dei momenti più thrilling della mia esistenza, da giornalista ma soprattutto da appassionato) non ho ancora ricevuto ad oggi neanche 5€.
    No, errore, mi rimborsarono un panino con la salamella e una coca al Maico Day del 2015, al Ciglione della Malpensa, dove fui inviato nonostante avessi detto (ovviamente a ragione) che non ne sarebbero uscite tre righe neanche tirando la cosa per i capelli. Per il gasolio e l’autostrada, ovviamente, mi frugai, e non fecero neanche mai la mossa, neanche dietro richiesta, di accreditarmi agli eventi cui loro stessi mi mandavano.
    Stimato, considerato tutto, dovrei cuccare un paio abbondante di mille euro.
    Ovviamente, arrivati ad un certo punto, nonostante l’ovvio prestigio della rivista “incriminata”, mi rifiutai (io) di continuare con loro, perché i casi sono due, anzi tre: passione o meno, o si viene pagati, o comunque ci si parla con sincerità e lealtà (tradotto: non mi usi a tappabuco gratis per anni sfruttando la passione, e poi quando devi assumere perché hai gente che va in pensione prendi gente a cazzo di cane da fuori che non ti ha mai fatto una riga) oppure ci si fruga e si fa da soli.
    Aggiungo anche note riguardo a tagli di testo selvaggi (con parti perse e frasi tagliate e mai più finite) e periodi “corretti per esigenze di stampa” che facevano sanguinare gli occhi.
    Le strade che conducono in dei cul de sac da cui non si esce non piacciono a nessuno, ed è giusto cavarcisi fuori quando si ha sentore che sia giunto il momento giusto.
    PLIT per me è un affaire de cœr et d’amitié, anche perché non parliamo di un gigante dell’editoria con più di 110 anni di storia alle spalle, c’è solo la nostra passione e voi, che se vorrete ci aiuterete a crescere.
    Ho voluto fare queste righe per spiegare un po’ più dettagliatamente tante sfaccettature della realtà editoriale (soprattutto) italiana.

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