Analisi e commento dell’ordinanza n.32408/2022 della Corte di Cassazione tra Ferrari S.p.A. e Brumm S.n.c.
di NICOLA LETTIERI
È possibile realizzare e vendere modellini di auto senza l’autorizzazione della rispettiva Casa Automobilistica e senza incorrere nella violazione di diritti di proprietà intellettuale altrui?
Diciamo subito che la risposta sembrerebbe propendere in senso positivo alla luce dell’ordinanza n.32408 del 3 novembre 2022 della Corte di Cassazione di cui si intende brevemente dar conto.
Con la suindicata ordinanza, Ferrari S.p.a. ha perso definitivamente la battaglia legale per la tutela del marchio contro la Brumm S.n.c., che, come sappiamo, dal 1972 produce e commercializza modellini in scala 1/43, incluse le Ferrari. La Corte di Cassazione ha infatti respinto il ricorso della Casa di Maranello contro la sentenza della Corte d’Appello di Bologna del 2016 (confermativa di una sentenza del Tribunale di Modena del 2010) che aveva stabilito che “la riproduzione fedele in scala ridotta dei modelli di autovetture Ferrari da parte di Brumm non costituisce un utilizzo illecito del marchio della società di Maranello, non essendovi stato nessun effetto confusorio, né un comportamento professionalmente scorretto”.
Ma procediamo per gradi e vediamo insieme come si è arrivati alla chiusura definitiva di una battaglia legale durata vent’anni.
Con sentenza n. 1569 del 12 ottobre 2010, il Tribunale di Modena, adito dalla Brumm s.n.c. con azione di accertamento negativo della contraffazione, ritenuta la propria giurisdizione, ha dichiarato che la produzione e la commercializzazione degli automodelli ad opera della Brumm s.n.c., non costituisce violazione dei diritti di privativa industriale in titolarita’ di Ferrari S.p.a. e di Ferrari Idea S.A. (società di diritto svizzero), ne’ violazione del diritto d’autore o atto di concorrenza sleale, condannando Ferrari S.p.A., anche nella qualità di successore universale di Ferrari Idea S.A. al risarcimento dei danni nei confronti della Brumm s.n.c. nella misura di €.20.000,00 oltre accessori di legge e pubblicazione della sentenza.
Ferrari S.p.A. insorgeva contro detta sentenza, proponendo appello dinanzi alla Corte d’Appello di Bologna. La Corte territoriale, con sentenza n. 2029/2016, depositata il 10/11/2016, previo rigetto dell’eccezione di difetto di giurisdizione del Giudice italiano (per essere la giurisdizione, secondo gli assunti della Ferrari, devoluta al giudice inglese), ha respinto l’appello principale di Ferrari S.p.a., e, in accoglimento dell’appello incidentale proposto dalla Brumm, ha condannato la prima al pagamento dell’ulteriore importo di € 25.923,52, oltre accessori di legge. Ed infatti, anche il Giudice di secondo grado aveva ritenuto che la riproduzione in scala ridotta dei modelli di autovetture Ferrari da parte della Brumm, essendo fedeli alle controparti reali, non costituisse un utilizzo illecito del marchio Ferrari, non essendovi stato alcun effetto confusorio (su chi avesse prodotto cosa), né un comportamento professionalmente scorretto. La Corte bolognese, riteneva, peraltro, che la Ferrari non potesse godere della tutela del diritto d’autore non avendo le vetture riprodotte dalla Brumm “valore artistico” ma “essendo state disegnate al solo scopo di vincere competizioni sportive”.
La difesa di Ferrari S.p.A., quindi, proponeva ricorso per Cassazione impugnando la sentenza della Corte di Appello di Bologna, affidandolo a quattro motivi di impugnazione che andremo ad analizzare nello specifico, nella speranza di risultare quanto più possibile chiari e comprensibili anche ai non addetti ai lavori.
Il primo motivo di impugnazione, riguardava il difetto di giurisdizione del Giudice italiano, già sollevato con l’atto di citazione in appello e delibato dalla Corte di Appello di Bologna. La difesa della Ferrari S.p.A. aveva ritenuto che la Corte territoriale fosse incorsa in una falsa ed erronea interpretazione della Convenzione di Lugano del 16 settembre 1998 (che stabilisce che il Foro ordinario è quello del domicilio del convenuto), ritenendo di determinare la giurisdizione del Giudice italiano, avendo sede in Italia una delle due società convenute in giudizio dalla Brumm, ovvero la Ferrari S.p.A.
Tuttavia, faceva rilevare la difesa della Casa di Maranello, la lettera di diffida ad interrompere l’utilizzo illecito del marchio “Ferrari”, così come le missive al rivenditore ed al distributore inglese dei modelli Brumm, sono state inviate unicamente dalla Ferrari Idea S.A., società con sede a Lugano e di nazionalità svizzera, o dai suoi legali per conto della stessa, e con riguardo esclusivo alla violazione dei propri diritti sul territorio inglese, laddove nessuna diffida era stata posta in essere, invece, da Ferrari S.p.A., la quale fu convenuta in giudizio da Brumm con il solo fine di creare artificiosamente le condizioni per radicare la causa in Italia.
A fronte di tale motivo, con ordinanza interlocutoria del 1 settembre 2021, n. 23696, il Collegio rimetteva la causa al Primo Presidente, per l’assegnazione alle Sezioni Unite. Queste, con la sentenza n.4294/2022 depositata il 10/2/2022 hanno ritenuto il motivo di impugnazione inammissibile, ritenendo sussistente la giurisdizione del giudice italiano sulla base della Convenzione di Lugano che all’articolo 5 individua il giudice munito di giurisdizione in quello “del luogo in cui l’evento dannoso è avvenuto”, mentre l’articolo 6, al comma 1, n. 1, consente che sia convenuto un soggetto in giudizio “in caso di pluralità di convenuti, davanti al giudice nella cui circoscrizione è situato il domicilio di uno di essi”. La Cassazione richiama la giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’Unione europea la quale ha evidenziato che nel caso di connessione di cause esiste un’esigenza di trattazione unica per evitare soluzioni confliggenti. Nell’azione di accertamento negativo della contraffazione, la Brumm ha citato la società Ferrari S.p.A., società italiana, e la Ferrari Idea S.A., di diritto svizzero e i giudici di merito hanno ritenuto sussistente la giurisdizione italiana sia per le ragioni di connessione sia perché il luogo di produzione del danno nella sfera della società danneggiata coincide, nella specie, con l’Italia, ove è avvenuto il reso della merce, l’addebito del prezzo da parte del negozio e del distributore inglesi, nonchè lo storno degli altri ordini effettuati, eventi da cui è derivato il pregiudizio da contrazione delle vendite e dei profitti in capo alla Brumm.
La Corte ha anche “bacchettato” la difesa della Ferrari S.p.A. ritenendo priva di pregio la tesi di uso abusivo del processo da parte di Brumm e di notifica dell’atto di citazione anche a Ferrari S.p.A. al solo fine di radicare la giurisdizione in Italia. E’ infatti circostanza incontestata che, nel corso del primo grado di giudizio, Ferrari S.A. sia stata incorporata in Ferrari S.p.A., donde la qualità di successore universale di quest’ultima nei diritti e negli obblighi della prima e la conseguente sussistenza di una ulteriore ragione di radicamento della giurisdizione italiana in relazione all’unica controparte rimasta, avente tale nazionalità. Un ragionamento corretto, quello della Corte di Appello di Bologna, per la Cassazione che, definita la giurisdizione del giudice italiano, ha rimesso il caso alla Prima sezione civile per l’esame degli altri motivi di impugnazione.
Il secondo motivo di impugnazione è sostanzialmente quello su cui la difesa della Ferrari ha puntato maggiormente (formulando anche istanza di rimessione della questione pregiudiziale alla Corte di Giustizia della Unione Europea), ossia che la sentenza impugnata, nel richiamare integralmente le argomentazioni della sentenza della Corte di Giustizia del 25 gennaio 2007 (nel procedimento C- 48/05 tra Adam OPEL AG e Autec AG) – che ha attribuito al marchio la sola funzione di garantire ai consumatori la provenienza di un prodotto – ha tralasciato di esaminare le altre ben più importanti funzioni del marchio, specie se dotato di rinomanza, quale quella pubblicitaria o evocativa e quella di investimento, che sono state invece messe in luce da molte sentenze pronunciate in sede comunitaria.
La Ferrari ha evidenziato e portato all’attenzione della S.C. che i modellini in scala della Ferrari prodotti dalla Brumm, una volta tolti dalla confezione, recherebbero solo i marchi della Casa di Maranello e non conterrebbero alcun riferimento al produttore del modellino, dando luogo ad una confusione in ordine alla fonte di provenienza. Le riproduzioni fedeli delle autovetture Ferrari realizzate dalla Brumm, spiega la Corte rifacendosi al precedente della Corte Ue, relativo al contenzioso tra Opel e Autec (Causa C-48/05), “non hanno arrecato alcun pregiudizio neppure potenziale alle funzioni dei marchi Ferrari, essendo, anzi, emersa in giudizio la prova contraria”. Alcuni modellini Brumm, prosegue la decisione, sono infatti esposti nella stessa Galleria Ferrari a Maranello mentre recensioni, sempre dei modellini, sono rinvenibili in riviste di settore, inclusa “Ferrari World”. Infine, con riguardo alla riproduzione del segno Ferrari sui modellini va escluso l’effetto confusorio sul consumatore medio finale in quanto la riproduzione del marchio mira soltanto ad una rappresentazione più fedele del bene e non a ingenerare il convincimento che il prodotto sia esso stesso Ferrari. Lo stesso vale per l’indicazione del marchio “Cavallino Rampante” sulle confezioni: “in quanto apposto accanto al marchio Brumm non ha una funzione evocativa del marchio e della qualità del prodotto Ferrari”.
La Cassazione ha anche negato il rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia dell’UE affermando che la Corte si è già espressa sul tema chiarendo che “l’apposizione di un segno, che sia identico ad un marchio registrato in particolare per autoveicoli, su modellini di veicoli contraddistinti dal marchio in questione, al fine di riprodurre fedelmente tali veicoli, non mira a fornire un’indicazione relativa ad una caratteristica dei detti modellini, bensì è soltanto un elemento della riproduzione fedele dei veicoli originali”. Qualora dunque un marchio sia registrato in particolare per autoveicoli, “l’apposizione da parte di un terzo, senza autorizzazione del titolare del marchio, di un segno identico a quest’ultimo su modellini di veicoli della marca in questione, al fine di riprodurre fedelmente tali veicoli, e lo smercio dei detti modellini non configurano un uso illecito di un’indicazione relativa ad una caratteristica dei modellini stessi, ai sensi dell’art. 6, n. 1, lett. b), della direttiva 89/104”.
In sostanza, conclude la Cassazione, la Corte di Giustizia, nell’escludere che l’uso del segno sui modellini in miniatura di autoveicoli abbia natura descrittiva e sia quindi, come tale, sempre lecito (purchè comunque conforme ai principi della correttezza professionale), non ha, d’altra parte, ritenuto che lo stesso uso, effettuato in funzione chiaramente non distintiva (ma ornamentale), sia illecito solo perché non scriminato a norma dell’articolo 6 n. 1 lettera b) della legge n. 89/104: dovrà essere il giudice di merito a valutare in concreto se l’uso in oggetto sia stato “privo di giusta causa” tale da consentire all’utilizzatore di trarre “indebitamente” vantaggio dal carattere distintivo o dalla notorietà del marchio, in quanto marchio registrato per autoveicoli, ovvero abbia arrecato pregiudizio a tali caratteristiche del marchio.
La Corte di Cassazione ha affermato la corretta applicazione dei principi di diritto elaborati dalla citata sentenza Opel/Autec da parte del Giudice di secondo grado, confermando così la conclusione della Corte d’Appello secondo la quale l’uso del segno distintivo del Cavallino Rampante da parte della Brumm non abbia in alcun modo danneggiato il celebre marchio di Ferrari S.p.A., negando anche il rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia Europea e facendo rilevare come la ricorrente si sia “limitata ad invocare genericamente l’avvenuta violazione delle funzione pubblicitaria ed evocativa del marchio (ma senza addentrarsi nello specifico sul marchio Ferrari), non ha neppure indicato le norme giuridiche che avrebbero formato oggetto di violazione (è stata dedotta genericamente la “erronea e falsa applicazione di norme del diritto”), e non ha nemmeno allegato in concreto elementi idonei a confutare le affermazioni della Corte d’Appello in ordine all’uso, da parte della Brumm, del marchio Ferrari in funzione non evocativa.”.
Con il terzo motivo è stata dedotta la falsa ed erronea interpretazione di norme sul diritto di autore rilevando che la Corte d’Appello avrebbe negato la applicabilità delle norme in modo apodittico, escludendo il valore artistico delle carrozzerie delle autovetture Ferrari (sul rilievo che erano state disegnate al solo scopo di vincere nelle competizioni sportive) e non applicando i principi della Corte di Cassazione in materia di diritto d’autore, senza indicarne minimamente le ragioni e senza alcun riferimento al caso concreto sottoposto all’esame del giudice di secondo grado. Va comunque rimarcato che cosa debba intendersi per “valore artistico” di un’opera di disegno industriale (modellino, autovettura, quadro etc etc…) la legge non lo stabilisce. L’utilizzo di questo termine apre al rischio che la protezione del diritto d’autore venga subordinata alla sensibilità artistica di un Giudice, al quale resterebbe l’arduo compito di distinguere ciò che è arte da ciò che non lo è. Per evitare questo rischio, la giurisprudenza ha subordinato il riconoscimento del valore artistico a dei parametri il più possibile oggettivi, come il riconoscimento da parte degli ambienti culturali. Questo requisito si manifesta mediante la pubblicazione su riviste, l’esposizione in mostre e musei, l’attribuzione di premi, gli articoli dei critici, il valore di mercato acquisito, la fama come artista del suo autore etc. Utilizzando questo criterio, la protezione del diritto d’autore è stata riconosciuta a prestigiose opere di design come la Vespa e la Ferrari 250 GTO. Purtroppo (per la Ferrari) questo motivo di impugnazione non è stato puntualmente sviluppato ed è stato dichiarato inammissibile per genericità dai Giudici della Suprema Corte.
Con il quarto motivo è stata dedotta, relativamente al risarcimento del danno, la violazione degli artt. 2043 Cod. Civ. e 125 Codice della proprietà industriale. La Corte d’Appello ha riconosciuto il risarcimento del danno alla Brumm, essendo questa stata costretta allo storno di ordini (che, secondo gli assunti della Corte territoriale, “rappresenta un danno di per sé, anche a prescindere dalla possibile negoziazione di altri ordini, considerato il carattere artigianale e le dimensioni non grandi dell’impresa in questione” e al reso di merci. La Ferrari ha dedotto che il semplice invio di una diffida non può essere annoverato tra le ipotesi di abusivo esercizio delle proprie ragioni, né può farsi discendere alcun dovere risarcitorio dal mero rigetto delle domande giudiziali svolte dal titolare della privativa industriale. Anche in questo caso, la Suprema corte ha ritenuto il motivo inammissibile a causa delle genericità delle censure svolte dalla Ferrari S.p.A., reputandole “non idonee a censurare la ratio decidendi anche in tema di liquidazione del danno”.
Il ricorso presentato da Ferrari S.p.a. è stato, quindi rigettato e la ricorrente è stata condannata al pagamento delle spese di lite, liquidate in € 6.200, oltre spese forfettarie del 15% ed accessori di legge e, cosa abbastanza grave, al versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso per Cassazione, ai sensi e per gli effetti del comma 1-bis dell’art.13 del d.p.r. 115 del 2002, sussistendone i presupposti, ovvero rigetto integrale o inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione.
In conclusione, questa ordinanza della Cassazione ha stabilito un principio che in futuro dovrebbe regolare casi simili, ovvero che la riproduzione in scala ridotta dei modelli di autovetture Ferrari non costituisce un utilizzo illecito del marchio della Casa di Maranello. Ma occorre fare una precisazione: diversi Giudici, eventualmente chiamati a decidere un caso simile a quello della Brumm, dovrebbero (ripeto, dovrebbero) orientarsi di conseguenza e tenere conto del principio fissato dalla Cassazione. Purtuttavia, siccome il Giudice è soggetto solo alla legge (e le sentenze/ordinanze della Cassazione non sono “la legge”), egli potrebbe benissimo dissentire dal precedente giurisprudenziale, discostarsene e decidere diversamente, purché motivi il suo (libero) convincimento. In ogni caso, ciò non toglie in alcun modo valenza e portata alla decisione de qua.