testo e foto di Riccardo Fontana
Lo abbiamo detto già parecchie volte: gli edicolosi, soprattutto quelli “nobili” ed inediti in scala 1:24, scatenano le peggiori pulsioni arraffatorie nelle orde scomposte di coloro che pensano di essere più furbi della media.
Semplicemente, i modelli più interessanti che talvolta escono sotto l’egida di questa o di quella casa editrice, scompaiono alla velocità della luce dalle edicole (o non ci arrivano direttamente), per poi ricomparire sui banchi delle fiere o su eBay al doppio del loro prezzo di copertina originario.
Lo affermo ancora una volta e poi giuro che tacerò per sempre sull’argomento: voi che pensate di arricchirvi in siffatta guisa siete dei perfetti suini, ottimamente coadiuvati nella vostra opera da una prateria di gonzi che, tutto sommato, vi paga cifre astronomiche senza battere ciglio, ignari del fatto che gli stessi modelli usciranno immancabilmente anche nei negozi come Whitebox a pochissimo oltre il prezzo di copertina originario.
L’Alfa Romeo Giulietta TI prima serie dell’Auto Vintage è uno degli ultimi esempi di questo trend: nelle edicole non si è praticamente nemmeno vista, ma in compenso all’ultima borsa scambio di Novegro c’era pieno, e quella più economica costava 40€…
Da Alfista (maiuscolo) abbastanza incallito, l’aspettavo abbastanza impazientemente, ma ovviamente non c’è stato verso di trovarla.
Avrei tranquillamente fatto senza, o comunque avrei aspettato l’uscita del Whitebox, ma il destino ha voluto che uscendo dal lavoro e passando dal fornitissima negozio di Ranzi a Bresso io ne abbia trovate una ventina, in vendita a 20€ l’una, che è ancora meno del prezzo di copertina dell’Auto Vintage.
Orbene, Parigi val bene una messa, e la Giulietta è venuta a casa con me.
A livello di Alfa Romeo in scala 1:24, tralasciando le Togi (che sono lassù nell’olimpo degli Dei) i modelli Leo Models / Metro hanno fatto scuola, e hanno permesso a tutti i collezionisti che hanno avuto la scafatezza di comprarle in edicola quando sono uscite di farsi delle belle raccolte con poco, soffrendo anche poco di metal fatigue ed affini in realtà, ma la Giulietta Berlina è sempre restata un inedito, mai approcciato nemmeno dall’Alfa Romeo Centenary.
Buffo, vero? Nella Centenary c’erano cadaveri indicibili come la MiTo e ben due Alfasud, ma la Giulietta normale, cui si deve il fatto che l’Alfa Romeo sia sopravvissuta e cresciuta nel dopoguerra, no.
Sicché benvenuta Giulietta della Ixo (perché quella è l’origine), in tanti ti stavano aspettando.
Che dire dunque di questo modello?
In primis che è praticamente ottimo: al netto di una buona verniciatura rovinata in parte dall’essere stata stesa senza primer (e data la colorazione bianca si nota), siamo di fronte al solito Ixo in scala media, con gli annessi e connessi del caso già visti per i modelli da Rally dell’omologa serie: forme e proporzioni perfette, assetto ottimo, ottima fedeltà storica e buonissimo livello di dettaglio.
La TI, che era la versione più sportiva della Giulietta Berlina, è indubbiamente resa bene, con tutti i dettagli tipici della prima serie resi benissimo, dal frontale estremamente dettagliato e fine (si legge addirittura “Alfa Romeo – Milano” sul marchio) ai fanalini posteriori molto ben rifiniti e giustamente incassati nelle piccole cose, dettaglio questo che a prima vista distingueva la TI dalla normale.
Gli interni, con le due panche (la Giulietta era omologata per sei persone, avendo il cambio al volante all’americana) coperte da grosse decals stese a simulare il tessuto (leggermente finte bell’aspetto ma accettabili data la fascia di appartenenza del modello) ed il cruscotto molto bel reso reggono bene il confronto con l’esterno, che è come detto pressoché perfetto, aiutato ancora di più in questo dal fatto di essere privo di parti apribili: meno divertimento per i più “giocherelloni” forse, ma la pulizia e la fedeltà di riproduzione ringraziano sentitamente.
Ottimamente dettagliato il sottoscocca, ed ottime le ruote, con il disegno di cerchi e coppe assai fedele (con tanto di logo Alfa Romeo nero al centro) e delle gomme perfette sia come dimensioni della spalla che come disegno e larghezza.
Buone, per quanto forse leggermente lucide e “piatte” le targhe: ottimi font e dimensioni, non sono come detto in rilievo ma, ancora una volta, torniamo a ripetere che data la fascia del prodotto vanno fin troppo bene come sono, e permettono volendo di sbizzarrirsi in mille operazioni di dettaglio ed elaborazione, che stanno sempre più tornando in auge nell’ottica dell’Easy Modelling.
A tal proposito, la scelta di Ixo di riprodurre la versione TI lascia aperti fior di portoni in ottica elaborazione corsaiola: la Giulietta TI è stata la prima vettura Campionessa Italiana Rally della storia con Arnaldo Cavallari, nonché la prima (no, la seconda perché la prima credo fosse una Simca, ma è uguale) auto da corsa di tale Jochen Rindt, e tra gare in salita, Turismo e Rally ha vinto un po’ tutto e con tutti.
Ancora una volta, per chi volesse fare, sia lato produzione che lato “cipollatura”, questi modelli si rivelano ottime fonti.
Tutto sta, e non ci stancheremo mai di dirlo, a prenderli per ciò che sono.
Soprattutto, a prenderli in maniera decontratta e rilassata.














Nella raccolta del centenario Fabbri Quattroruote mancavano oltre questa Giulietta praticamente l’80% delle berline Alfa Romeo (la 2000 del 1957 e la 2600 del 1962, la nuova Giulietta del 1977, L’Alfa 6, la 75, la 90, la 164, la 166 e anche le compatte dopo l’Alfasud come la 33, le 145 e 146, la 147).
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All’epoca c’era probabilmente un po’ più di senso della misura, e gli editori avevano preferito limitare un attimino il numero di uscite, vuoi per questioni di spazio e vuoi per questioni di costo.
Al netto di ciò, chi le ha fatte all’epoca si è cuccato due Duetto e due Alfasud (che si sentiva proprio il bisogno di vedere in doppia copia… La TI Quadrifogli Verde da sola sarebbe andata benissimo, perché devo darle atto che fosse molto carina).
La Giulietta del ’77 è stata un’altra mancanza grossa, come anche una 33 in versione magari un po’ sportiva (non sono un fan delle Alfasud e derivate, ma è comunque stata l’Alfa di maggior successo di tutti i tempi).
La 75 hanno pure fatto bene a non farla, come pure la 90.
Una 2600, magari Sprint, ci sarebbe stata benissimo, come anche un’Alfa 6, pur con tutta la sua sfiga intrinseca.
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