Il Duett(ell)o

testo e foto di Riccardo Fontana

La bella stagione si avvicina, e cosa c’è di meglio di godersi il vento nei capelli andando a spasso su un bel Duetto in scala?

Così su due piedi, ci sarebbe godersi il vento nei capelli scorrazzando su un vero Duetto facente brum brum: i modelli ci piacciono e ci piacciono parecchio, ma il narrarli con questo perenne e fastidioso piglio a metà tra il “vorrei ma non posso” ed un malinconico quanto inutile “dire e non dire” tipico di alcuni “storici” (per meriti anagrafici) esponenti del nostrano giornalismo in scala davvero non ci appartiene.

I modelli sono modelli e le auto sono auto, e le due cose, pur assolutamente complementari, non andrebbero mai confuse.

L’occasione, però, è buona per fare un bel confronto, tanto per riallacciarci ad un recente pezzo sulle Togi e le corrispettive Alfa Romeo edicolose recentemente apparso sulle colonne PLIT (https://pitlaneitalia.com/2023/03/09/la-montreal-i-naif-e-gli-invidiosi/), tra le due intepretazioni di un medesimo soggetto, e tanto per lasciare per un momento da parte “Sua Sessualità” la Montreal, la scelta non poteva non ricadere su un altro Mito della Casa di Arese, e cioè il Duetto appunto, in versione “Osso di Seppia”, quella del debutto.

Protagoniste un moderno modello firmato Leo Models in scala 1:24, che ormai tredici anni orsono fu il primo modello dell’Alfa Centenary Collection, e un Togi prima serie.

Non starò a dilungarmi sulle differenze di interpretazione tra i due modelli: non avrebbe alcun senso e nulla di concreto gioverebbe alla discussione, però alcune considerazioni meritano di essere fatte.

In primis, ancora e sempre, entra in gioco l’argomentazione “storica”: il Togi è l’Osso di Seppia come un fabbricante di automodelli, anzi il non-plus ultra dei fabbricanti di automodelli dell’epoca, lo vedeva ed interpretava ai tempi dell’auto reale.

Il Leo Models è più fedele e rifinito? Oh assolutamente sì, però è stato anche concepito quarant’anni dopo, con ben altre tecniche a disposizione.

Fondamentalmente, sono due concetti di modello completamente agli antipodi: la Togi è estremamente esatta a livello di linee, ed ha tutti i preziosismi tipici del prodotto di quasi cinquantacinque anni fa.

È ben riuscita sotto tutti i punti di vista, con quel fascino un po’ a metà tra il modello contemporaneo ed il giocattolo meccanico di pregio “alla Märklin”: come tutte le sue sorelle non è un modello Alfa Romeo, è “IL” Modello Alfa Romeo della vettura in oggetto, la si guarda e si rivede il Duetto degli anni sessanta, così per com’era all’epoca, più un oggetto di modernariato e d’arte che una mera rappresentazione in scala, ma non per questo meno valido dal punto di vista modellistico: in questo sta, un po’, la magia dell’automodello obsoleto.

Il Leo Models d’altro canto è di un’esattezza formale incredibile: ha tutto ciò che deve dove deve averlo, linee perfette, assetto e ruote impeccabili.

Assolutamente bellissima, la moderna interpretazione del Duetto se si è patiti del Biscione è un must pressoché irrinunciabile, un po’ come tutti i modelli di quella Alfa Centenary Collection edita ormai tredici anni orsono, ed essendo l’uscita numero uno della collana ha ancora costi umani, trovandosi senza troppa difficoltà a cifre che veleggiano sui 15-20€.

E il Togi quanto costa? Il Togi del Duetto Osso di Seppia nella sua prima interpretazione (cioè quello che potete vedere in queste immagini) è stato per lungo tempo il Togi più raro in assoluto, anche più della Giulia Berlina: dopo poco tempo dall’inizio della produzione, seguendo l’evoluzione del Duetto vero, lo stampo del modello fu modificato per produrre la versione “Coda Tronca”, facendo quindi dell’Osso di Seppia, 1300 o 1750 che fosse, quell’unifauno bianco che a lungo è stato.

Poi la Togi l’ha rieditato ri-modificando uno stampo, ed oggi è dunque reperibile ad un costo che si aggira sul centinaio di euro più Iva.

Un Osso di Seppia della prima produzione in ottime condizioni viaggia invece abbondantemente sulle 500€, e forse anche di più, con buona pace di tutti i “moderni” appassionati convinti di essere dei profeti del modellismo e di fare invidia ai cultori dell’obsoleto coi loro insulsi cumuli di resinaccia cinese da quattro soldi: prodotti comunque stimabili in assoluto, tranne quando vengono usati in un certo modo.

Sono discorsi senza senso in effetti: per quanto abbia sentito molta gente affermare che sia meglio, ad esempio, una Fiat 124 Spider del ’70 rispetto ad una del 2018, non ho ancora mai trovato una sola anima problematica che mi abbia detto il contrario per i vizi da vetustà di quella storica: sono “deliri” che si ascoltano, ahimè, solo nel mondo dell’automobile in scala ridotta, e se non si ascoltassero sarebbe di giovamento per tutti.

Per non scontentare nessuno, ed anzi per amore di verità, diremmo che le due interpretazioni in scala di questa bella Alfa Romeo andrebbero prese e conservate entrambe, perché anche nell’accostamento delle interpretazioni e dell’evoluzione delle tecniche e dei particolari sta il fascino un po’ “depravato” del collezionare modelli.

Scuole di pensiero, ma ancor più di vita, come sempre.

3 pensieri riguardo “Il Duett(ell)o

  1. Sempre analisi interessanti le tue!
    Peccato quella targa inverosimile del Leo. Anche altri modelli italiani da edicola 1/43 di quegli anni avevano, chissà perché, targhe del genere.
    Non percepisco differenze dimensionali apprezzabili tra i due modelli, salvo forse l’altezza al parabrezza, eppure le scale dichiarate sono diverse e in quei rapporti di riduzione la differenza di un punto, tra 1/23 e 1/24, si dovrebbe percepire. Per intenderci, è maggiore che tra 1/43 e 1/44. Non pascolando al di fuori dell’ 1/43 non ho mai avuto a che fare con i Togi, ma mi chiedo se la scala dichiarata sia anche quella reale.

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