Per anni Osella a Le Mans è stato sinonimo di Madyero. Questa è la prima cosa che mi è venuta in mente quando Trofeu ha annunciato la PA5 motorizzata BMW 2000 del 1977 nella sua gamma DSN43. Da qualche tempo a questa parte la serie DSN43, stampata direttamente in 3D in materiale plastico, sta ripercorrendo, quasi parallelamente a Spark, la storia delle Gruppo 6 alla 24 Ore di Le Mans. Sono uscite diverse Chevron, alcune ancora inedite o quasi, direi anche molto riuscite, e altri soggetti seguiranno, come la Duckhams del 1972. Le Osella, dicevo: nel giro di pochi mesi, Trofeu ha infilato le tre versioni canoniche: prima la rossa Elvia del 1977, poi la Toleman del 1978 e, di prossima commercializzazione, la popolare Alpilatte-Lana Gatto del 1980. La Elvia, lo ricordiamo, partecipò con Alain Cudini, Raymond Touroul e la nostra Anna Cambiaghi. Qualificatasi diciottesima, l’Osella numero 29, iscritta nella classe 2 litri del Gruppo 6, terreno di caccia di Chevron e Lola, dovette abbandonare per il cedimento del motore.
Il modello si presenta con linee corrette e il sospetto che sia un po’… figlio del Madyero resta. D’altra parte, nel campo del modellismo (quasi) nulla si crea ma tutto si trasforma e questo vale fin dai tempi dei pionieri. Ottima la verniciatura, bella liscia e brillante quanto basta. Nei modelli DNS43, ma in generale su tutti i Trofeu, le decals sono di discreta qualità, anche se a volte tendono a screpolarsi in alcuni punti critici. Sull’esemplare delle foto la decorazione è stata applicata con cura.





Piace rimarcare come l’uso di film che uniscono diversi loghi sia particolarmente limitato, il che giova non poco al quadro d’insieme. Altro punto forte sono i cerchi in alluminio tornito, con parte interna fotoincisa. In fotoincisione sono realizzati gli elementi dell’ala posteriore così come i ganci fermacofano, il manettino dello staccabatteria e l’anello di traino posto sull’anteriore.
Certo, i DSN43 non sono economici: possiamo trovarli a 80-85 euro, ma a quel prezzo si è ormai adeguata anche Spark, con modelli prodotti in Cina e in Madagascar, mentre questi modelli sono fatti in Portogallo. Qua e là alcune note stonate, come gli interni completamente neri (strano perché altre Gruppo 6 di DSN43 hanno le parti in vista del telaio e dei serbatoi nel loro bravo alluminio satinato) o la parte retrostante alle ruote anteriori lasciata in rosso.







A mio avviso, la finestrella anteriore sinistra sulla carenatura del cockpit avrebbe dovuto essere leggermente più grande. Tornando agli interni, i DSN43, a differenza degli Spark aperti, non hanno le cinture di sicurezza in fotoincisione, ma adottano ancora le decals, per quanto sufficientemente realistiche, sia per dimensioni sia per esattezza nella riproduzione di fibbie e attacchi.
Al retrotreno non troviamo alcuna fotoincisione ma le parti a vista della meccanica (ponte, semiassi, mozzi, cambio) sono fatte in materiale 3D: la finezza di un Madyero è ovviamente lontana, ma siamo ancora nei limiti dell’accettabilità. Alcuni piccoli dettagli sono stati simulati con semplici decals, come i faretti d’illuminazione dei numeri di gara laterali e le piccole frecce, che si trovavano al centro della A nello sticker rotondo “DAS” piazzato tra i fari e i passaruota. A proposito di fari, sull’anteriore abbiamo una lente ottica, coperta da un elemento in acetato trasparente: tutto fa parecchio modello speciale. Le piccole luci posteriori, arancioni e rosse, hanno una base riflettente fotoincisa con goccia di resina colorata. In ultimo, i tappi serbatoio sono in plastica cromata.






Questa gamma DSN43 va sicuramente accolta con favore: i soggetti non sono mai banali e i numeri di produzione ancora più limitati di quelli raggiunti da Spark. L’Osella, ad esempio, è stata tirata in soli 150 pezzi (non numerati) ed è già esaurita presso il produttore e anche presso la quasi totalità dei distributori. Un modello magari non perfetto, ma nel complesso più… emozionante dei resincast cinesi. Emozionante? Se non altro più coinvolgente, diciamo così. Sono impressioni, certo, ma le impressioni nel collezionismo contano.
Ora che DNS43/Trofeu ha a disposizione il master delle varie Osella, c’è da attendersi un proliferare di versioni di altre gare, incluse le cronoscalate. Fra le ultime novità segnaliamo un paio di versioni della Chevron-Ford Cosworth B31, la numero 22 di Le Mans 1977 e la numero 27 di Le Mans 1978, che se non vado errato dovrebbero anche essere la stessa macchina.
Ho qualche riserva sulla durata nel tempo di queste stampe 3d.
È una tecnologia ancora troppo giovane per dare delle certezze
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È da vedere effettivamente, sicuramente però i cerchi torniti non reagiscono con niente, oltre ad essere parecchio più belli.
E già è un buon punto a favore.
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Interessante questione sulla quale sono del tutto incapace di pronunciarmi.
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Riccardo, come ti ho scritto in privato, la scelta fatta da certi produttori, a proposito di cerchi, proprio non la capisco.
Come sottolinei tu, in questo caso è stata adottata la soluzione dei bussolotti torniti in alluminio che, se non sono eterni, poco ci manca, completi di inserto.
Le gomme, laddove si dovessero presentare dei problemi in futuro, sono sostituibili da chiunque, con poca spesa e senza fatica.
Discorso diverso per quei produttori che si ostinano ad utilizzare cerchi stampati in plastica…
Non solo esteticamente risultano essere poco realistici con la loro finitura tipo “cromo”, ma in molti casi creano una reazione chimica con le gomme , deformandosi e costringendo il collezionista a costose sostituzioni con prodotti aftermarket.
Non credo, infine, che tra le due soluzioni ci sia un divario di prezzo così “sostanziale”.
Misteri…
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Alfonso, fra le due soluzioni una differenza di costi – e anche notevole – c’è. Già oltre dieci anni fa ne parlavo a Le Mans con Luigi Reni, il quale mi assicurava che uno Spark con i cerchi torniti sarebbe costato anche cinque o sei euro in più e questo aumento di costi era giudicato non necessario e anzi dannoso dalla dirigenza. Seguendo inoltre alcune produzioni di modelli speciali posso assicurarti che il costo delle parti tornite è aumentato vertiginosamente in questi ultimi anni, ammesso di trovare un artigiano disposto a lavorare su dimensioni così piccole. Per quanto riguarda i famigerati cerchi in plastica cromati di Spark, essi non solo fanno reazione con le gomme ma si deteriorano anche da soli, sviluppando macchie e deformazioni varie. In altri casi, per fortuna, non c’è alcuna differenza fra cerchi in metallo, resina o plastica, come nel caso delle riproduzioni di cerchi stampati oppure con le razze tipo Porsche 917 o Ferrari 512S.
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Per quanto riguarda le resine utilizzate nella stampa 3d, come ho già scritto, si tratta di una tecnologia fantastica, ma anche molto giovane e in continua evoluzione, con tutte le incognite che ne derivano.
Solo il tempo ci dirà.
Non che ci siano alternative che offrono maggiori garanzie.
Ormai le varie materie sono così inquinate e di scarsa qualità che si vedono cose davvero incredibili e non parlo solo di modelli in scala, ma anche di automobili e motociclette, senza distinzione di fascia di appartenenza e costi.
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